L'Alta Val Borbera è caratterizzata da pascoli e praterie in fase di regressione, ricche di una flora di eccezionale interesse: tra le specie più significative ricordiamo il Falso mirtillo (Vaccinium uliginosum); l'Arnica (Arnica montana), importante per gli usi officinali; la Genziana maggiore (Gentiana lutea), utilizzata sin dall'epoca medioevale per produrre amari molto efficaci come digestivi; l'Orchidea dei pascoli (Traunsteinera globosa), splendida rappresentante delle orchidacee insieme alla rarissima Nigritella di Rhellicanus (Gymnadenia rhellicani).

Immediatamente sotto il livello più elevato dei crinali, gli ambienti sono caratterizzati da estese formazioni boschive a faggio, riconducibili a due habitat di importanza comunitaria secondo la Direttiva Habitat (92/43/CEE): le Faggete dell'Asperulo-Fagetum e i Faggeti calcicoli dell'Europa centrale del Cephalanthero-Fagion

Questi ambienti boschivi, seppur molto sfruttati nel corso dei secoli, offrono ancora un importante ruolo nel mantenimento della ricchezza floristica e faunistica. 

Sotto la faggeta, e in alcuni casi con interessanti penetrazioni dentro questa formazione boschiva, esiste ancora visibile la fascia dei castagneti, coltivati sino alla metà del secolo scorso e con esempi ancora vitali e attivi: si tratta in questi casi di preziose e lodevoli testimonianze di un passato dove sulla coltivazione del castagno era fondata una vera e propria civiltà che trovava nelle proteine delle castagne un imprescindibile supporto allo scarso apporto di proteine di origine animale. 

Sotto il limite altitudinale del faggio, posto tra i 1000 e i 1.200 metri circa, un'altra essenza arborea prende il posto della faggeta: si tratta di una quercia dal portamento maestoso, il cerro (Quercus cerris), riconoscibile dalle altre congeneri per la capsula della ghianda con squame molto allungate.

Perché tanta ricchezza di ambienti e di specie?

Sull’Appennino settentrionale si incontrano e concentrano ambienti e specie tipici di domini climatici opposti: da meridione arrivano le specie proprie dell'Appennino e qui raggiungono il limite settentrionale della loro distribuzione; da Nord, invece, arrivano molte specie boreali e in generali tipiche di latitudini meno temperate o, più semplicemente, dell'Europa centrale. 

Quindi specie animali e vegetali hanno utilizzato e continuano ad utilizzare la catena appenninica italiana come via di transito, oltre che come luogo dove insediarsi; questo fenomeno, noto alla scienza da tempo e continuamente aggiornato e confermato dai risultati dei più avanzati studi genetici, avviene principalmente da Sud a Nord nei periodi geologici di transizione tra due fenomeni e da Nord a Sud nei periodi di raffreddamento climatico.

In Val Borbera ci sono le ultime popolazioni importanti di Rana appenninica (Rana italica), distribuite sulla quasi totalità dei rii che alimentano i tributari del Borbera. Si tratta di una specie appartenente al gruppo delle rane “rosse” o “brune” ed è quella più legata all'acqua, in particolare ai piccoli torrenti dove le cascate naturali impediscono la risalita dei pesci, predatori delle larve (girini). 

La specie perciò, oltre a possedere un grande valore conservazionistico, perché elencata nell'appendice II della Convenzione di Berna, nell'appendice IV della Direttiva Habitat (92/43/CEE) e tutelata dall'articolo 27 della Legge n° 32/1982 della Regione Piemonte, ha un grande valore culturale perché la sua storia evolutiva ci testimonia quanto è importante la rete dei corsi d'acqua minore delle nostre montagne e dell'Appennino in particolare. 

Un'altra rana rossa presente in Val Borbera è la Rana Montana (Rana temporaria). 

La specie è originaria della parte a clima continentale dell'Europa e durante le glaciazioni è stata spinta a Sud e ha colonizzato il nostro Appennino. 

Anche la Rana montana ha un regime di protezione giuridica, essendo inserita nell'appendice III della Convenzione di Berna e nell'appendice V della Direttiva Habitat (92/43/CEE).


Gli ungulati selvatici presenti sono appartenenti alle famiglie dei cervidi (capriolo, daino) e dei suidi (cinghiale). La volpe, bellissimo ed interessantissimo canide, è presente in tutta la Valle così come il lupo che da un decennio circa è tornato a ripopolare l’Appennino Settentrionale. 

Passeggiando in campagna non è raro incontrare poi lepri, scoiattoli, donnole, tassi e, talvolta, vipere e persino istrici.

Legato all’ambiente acquatico, è presente un discreto numero di uccelli sia di transito che nidificanti come la garzetta, la niticora, il beccaccino, il gabbianello ed il piovanello pancianera. 

Notevole è la ricchezza della fauna ittica come la trota fario, in parte immessa con recenti ripopolamenti, ma presente anche in origine.

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